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STUDIO LEGALE

INTERNAZIONALE

Immigrazione, Geopolitica ed Intrighi Coloniali

  • Avv. Amato Mercuri
  • 3 ago 2017
  • Tempo di lettura: 7 min

scacchiere internazionale

I DATI

Durante i primi sei mesi del 2017 il flusso di ingressi di migranti via mare in Italia è stato rilevante, con 85mila migranti sbarcati sulle nostre coste, un quinto in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nel solo mese di giugno sono stati oltre 23mila gli arrivi sulle coste italiane, con un picco di arrivi nel giorno 29 giugno quando sbarcarono 4.210 persone.

Il confronto con gli arrivi sulle isole Greche, limitati dopo l’accordo UE- Turchia, è notevole: in Grecia il flusso anche in questi primi sei mesi del 2017 resta contenuto con 9.286 sbarcati. In Spagna, sebbene il numero sia ancor più ridotto, si registra un aumento degli arrivi via mare (oltre 6mila) e via terra nelle enclaves di Ceuta e Melilla (3mila). Complessivamente sono dunque oltre 100mila i migranti giunti via mare in Europa attraverso il Mediterraneo. Rispetto alle provenienze prevalgono in Italia tra gli arrivi più recenti i migranti originari della Nigeria, del Bangladesh – quest’ultimo in notevole crescita – e della Guinea.

Tra gli sbarcati in Italia nel primo semestre di quest’anno quasi 10mila minori non accompagnati. Gli arrivi di minori soli nel nostro Paese sono particolarmente significativi, molto più di quanto non accada in Grecia dove sono prevalenti gli arrivi di interi gruppi famigliari con minori. A livello europeo e nazionale sta crescendo dunque l’attenzione per questo gruppo che presenta vulnerabilità importanti.

L’impatto degli sbarchi sul sistema di accoglienza italiano resta considerevole soprattutto in Lombardia, Regione che accoglie il 13% dei migranti presenti sul territorio nazionale.

LA CRONACA

Questi i dati, la cronaca invece ci segnala due fatti interessanti: la nave “Iuventa” della Ong tedesca Jugend Rettet è stata bloccata dalla Guardia costiera e condotta nel porto di Lampedusa. La nave, battente bandiera olandese, è stata sequestrata su disposizione del Gip di Trapani Emanuele Cersosimo su richiesta del pm Andrea Tarondo con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’informativa della polizia dà conto di quel che accade alle 11 del 18 giugno: «Il gommone della Iuventa si è diretto verso le coste libiche e da quei luoghi è sopraggiunta una imbarcazione verosimilmente con trafficanti a bordo; il gommone e il barchino con i presunti trafficanti, dopo essersi incontrati, sono restati affiancati per qualche minuto; dopo qualche istante il gommone si è diretto verso la Iuventa mentre l’altro natante ha proceduto verso le coste libiche; successivamente quest’ultima imbarcazione è riapparsa sullo scenario, “scortando” un gommone carico di migranti ed arrestando la navigazione solo in prossimità della Iuventa. Proprio la dinamica con la quale avveniva questo secondo “viaggio” del barchino consentiva di acquisire piena contezza che le persone a bordo fossero dei trafficanti».Tra le contestazioni della magistratura c’è anche quella di aver restituito le barche ai trafficanti.

L'altra notizia sono le defezioni importanti delle ONG alla firma dell'accordo del codice di condotta col viminale, tra cui ovviamente la tedesca Jugend Rettet, ma anche altre importanti come Medici Senza Frontiere. Secondo queste ONG non convincono in particolare alcuni punti. A cominciare dalle limitazioni previste al trasbordo dei migranti su altre navi (il Viminale chiede che le ong si assumano fino in fondo i costi e la responsabilità dei migranti presi in carico portandoli direttamente nei porti). E poi ancora la mancanza nel codice di riferimenti ai principi umanitari, e la presenza di forze di polizia e militari a bordo delle navi.

Non si può però fare di ogni erba un fascio sicuramente ci sono alcuni punti da limare sul codice di condotta ma ci sono anche ONG che hanno fatto scelte diverse è il caso della maltese MOAS e l’italiana Save The Children che hanno firmato il codice e sopratutto proprio Save The Children ha denunciato il comportamento della nave Iuventa nel mare libico che se confermato è un fatto gravissimo.

LA POLITICA DELL'IMMIGRAZIONE TRA DIRITTO E BUON SENSO NEL BREVE TERMINE

Sta di fatto che il Ministro Minniti non può che essere frustrato dopo che a Tallin l'asse franco-tedesco non ha dimostrato alcuna apertura confermando il pessimo ruolo europeo sulla questione e la conferma della chiusura dei porti, il ministro aveva provato a regolamentare con le ong i salvataggi ma anche questo tentativo sembra sfumato. Il ministro da un avvertimento chiaro, quasi dal tono minatorio: “l’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse”. Ma concretamente cosa farà l'Italia chiuderà i porti a queste ONG? Secondo qualche illustre collega il diritto internazionale non permette la chiusura dei porti perché violerebbe la CEDU (Convenzione europea sui diritti umani) e la convenzione di amburgo in base alla quale i migranti vanno portati nel primo porto più vicino ma questo agli altri paesei europei non sembra sia importato molto. Tra l'altro spesso viene contestato che il porto più vicino non è quello italiano. Chi invece sostiene la chiusura si rifà alla convenzione di Montego Bay (Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, o UNCLOS) che permette di negare l'ingresso a navi straniere quando rechino pregiudizio alla sicurezza dello Stato costiero, tra i casi che configurano una simile situazione vi sarebbe la violazione di norme interne sull'immigrazione. L’Italia, inoltre, in passato è stata condannata più volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per avere compiuto respingimenti illegali di massa sui passeggeri di alcuni barconi. Quindi da una parte l'Europa non vuole accogliere i migranti dall'altra condanna però l'Italia se li respinge. E' quindi evidente che l'Europa ha una responsabilità enorme e l'Italia deve trovare la chiave per scardinare questa chiusura degli stati membri, nella condizione attuale non è possibile applicare le norme imposte dal Regolamento di Dublino, il sistema comune europeo sull'asilo, che costringe il primo paese di ingresso in Europa a essere responsabile per l’esame della domanda di asilo.È necessaria l’adozione di un nuovo metodo in base al quale la suddivisione dell’onere dell’accoglienza e della protezione dei richiedenti asilo non sia legata al mero fatto geografico dell’arrivo, bensì a un principio di equa ripartizione tra gli stati membri.

LA STRATEGIA

Questo nel breve termine ma a lungo termine è necessario governare l'immigrazione che ormai non è più un emergenza ma un fenomeno cronico per il quale c'è da capire ed intervenire nei paesi d'origine. La Libia è solo lo snodo di questi flussi ma sicuramente la scelta scellerata dei francesi, appoggiati dagli americani e inglesi, di far fuori Gheddafi ha complicato la questione, anche qui l'Italia non è riuscita a imporsi. Quindi ad oggi è necessario agire anche più a sud della Libia. Certamente, come disse il direttore dell'ASCE, Paesi come Sudan, Somalia e Eritrea vivono situazioni molto difficili, di povertà e conflitto, ma si possono individuare percorsi di cooperazione, affinché le popolazioni di questi Paesi non si spostino in massa verso l’Europa come sta accadendo. E’ ormai chiaro che i migranti che arrivano da noi sono persone che, dall’Africa subsahariana, scappano dalla fame. Inoltre, il traffico di esseri umani non nasce in Libia, che resta però ,come detto, lo snodo principale. Le strade che dall’Africa sub-sahariana portano al deserto libico non sono infinite, sono principalmente due: dal Sudan e dal Niger. Non è realistico che il governo di Khartoum non sappia che cosa ci sia “dietro” quei camion che, carichi di individui – sudanesi, etiopi, eritrei, somali - si spostano verso la Libia, uno o due ogni mezza giornata. E poi con tutti i mezzi satellitari che abbiamo a disposizione, è impossibile non intercettare i camion con i migranti, prima che arrivino al Mediterraneo.

NEO COLONIALISMO CINESE

E mentre l’Occidente continua a interrogarsi su come rinnovare il rapporto con i vari Paesi africani, le aziende cinesi sono già lì, con investimenti ingenti in infrastrutture, nuove imprese, formazione di personale qualificato. E un piano diabolico: fare dell’Africa la nuova fabbrica (low cost) del mondo, quello che la Cina era fino a poco tempo fa. La Cina è il primo partner commerciale dell’Africa, le multinazionali di Pechino proseguono indisturbate la conquista del continente africano - con un piano di investimenti di oltre 60 miliardi di dollari - fatta di infrastrutture, delocalizzazione della produzione e manodopera, in cambio di risorse naturali. E nel 2016 sono cresciuti del 31% gli investimenti diretti non-finanziari delle imprese cinesi in Africa. Ovviamente questo ha un prezzo per l'Africa, non solo in termini di risorse da fornire a Pechino, Amnesty International stima che ci siano almeno 40 mila ragazzini, a partire dai 7 anni, che lavorano a 2 dollari per 12 ore al giorno che a mani nude estraggono, ad esempio, cobalto. E tutto questo sotto la supervisione attenta delle maestranze cinesi. Di diritti umani non se ne parla, figuriamoci di diritti dei lavoratori. E i governi africani, che non sono certo in prima linea sul fronte dei diritti da far rispettare, se ne lavano le mani. Sembra poi che i cinesi stiano costruendo città fantasma da 500 mila abitanti per risolvere i propri problemi di sovrappopolazione e inquinamento, una colonizzazione studiata a tavolino, una Cinafrica. Temo però che questa "Africa gialla", come ha scritto qualcuno, non fermerà l'immigrazione, la Cina non mira certo a creare diritti sindacali in Africa e quando qualcuno in Europa lo fa notare parte la replica "piccata" del ministro degli esteri cinese "quello che davvero unisce i popoli cinesi e africano è stata la battaglia del continente africano contro il colonialismo europeo". Ora è vero che l'Occidente ha egualmente sfruttato l'Africa e ha la colpa di molti conflitti, ma questo neo colonialismo cinese sembra se possible ancora più pericoloso.

UN EUROPA DIVERSA

Tutto questo dovrebbe preoccuparci. Non solo per motivi strategici e geopolitici, perché l’Africa ce l’abbiamo di fronte. Non solo per evidenti ragioni commerciali ed economiche. Ma sopratutto perché mentre noi giustamente ci facciamo scrupoli a chiudere i porti a bambini affamati e disperati, altri (non solo i cinesi ovviamente) affamano e distruggono questi bambini.

Abbiano necessità di un Europa diversa, non quella dei singoli stati che fanno gli interessi di bottega non vedendo più in la del mandato del capo del governo di turno, ma quella che si prende carico del problema dell'immigrazione considerando Italia e Grecia frontiere europee, che gestisce il soccorso e l'accoglienza in maniera solidale e che aiuti l'Africa a diventare un continente dove la vita, la dignità umana ed il lavoro abbiano lo stesso valore che hanno in Europa. Se riuscirà in questo non ci saranno più flussi migratori ma solo scambi economici e socio-culturali con il continente Africano, d'altra parte, come ho sentito dire una volta da Enrico Letta, Europa stessa era una principessa fenicia e quindi extracomunitaria.

 
 
 

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